Auf wiedersehen!

Die Italienerin è giunto al capolinea. Ho detto ciò che dovevo dire, ho espresso ciò che dovevo esprimere, ho scritto quello che dovevo scrivere. Questo blog mi ha accompagnata nei momenti migliori e in quelli più difficili di quest’espatrio. Mi ha fatto conoscere delle persone, sia dal vivo che per iscritto (ciao Elena, ciao Landslide e pure ciao Pilga, va là!:-)). Mi ha permesso di sfogare la mia creatività e di provare il brivido di essere commentata e seguita. Ma soprattutto, cosa fondamentale, mi ha permesso di guardare a questa mia avventura con ironia e distacco, evitando così che io fossi fagocitata, a seconda dei momenti, dalla disperazione o dall’eccesso di entusiasmo. E poi…diciamolo, “mi ha anche aiutata a crescere, sia professionalmente che come persona” [questa frase non manca mai nei messaggi di addio che si rispettino. NdR].

Da poco ho aperto un altro blog, di genere completamente diverso. Si tratta di un contenitore di articoli, idee, racconti, cretinate et similia. Non escludo che anche su questa mia altra “piattaforma creativa” potranno comparire altri articoli sulla Germania, sugli expat, sui tedeschi, sugli italiani. Chi lo sa? “La Pozione Magica”, così come una vera pozione magica degna di tale nome, conterrà – e già contiene – un po’ di tutto. Ho sentito, infatti, che era giunto il momento di allargare lo sguardo e non limitarsi più soltanto a raccontare la mia esperienza all’estero. Chi mi vorrà seguire anche , sarà il benvenuto.

A chiusura, non possono mancare i classici ringraziamenti. Allora, siore e siori…si ringraziano, in ordine sparso:

Torquitax per avermi seguita, commentata e sostenuta senza riserve fin dall’inizio. Grazie anche per le innumerevoli lezioni di tedesco, i babysitteraggi, i tour guidati di Monaco, le indicazioni turistiche, la sua amicizia e il volume “111 Orte, die man in München gesehen haben muss”. Conto di ridartelo dal vivo un giorno o l’altro eh!

Grazie a Jane Pancrazia Cole che mi ha ispirato la forma del blog “cimettodentroquellochemiva” per La Pozione Magica. E grazie per avermi fatta sfasciare dalle risate col suo blog sull’Erasmus a Berlino, un must-read per chiunque aspiri a far ridere scrivendo.

Grazie a Nicla per avere usato parti di questo blog come materiale didattico per una lezione d’italiano ai tedeschi.

Grazie a Paolo per avere usato un mio post per dare origine ad una discussione su come si emigra.

Grazie a Chiara di machedavveroPUNTOit per avere letto e twittato un mio post quest’estate.

Grazie a tutti i tedeschi che ho incrociato sul mio cammino finora e che mi hanno ispirato i post più sentiti. Grazie agli italiani che mi hanno fornito materiale di confronto.

Grazie ai miei colleghi blogger in Germania, che mi hanno fatta a volte sentire un poco meno sola tramite la condivisione scritta di emozioni e sentimenti.

Grazie a tutti i miei lettori silenziosi, ai commentatori e agli 8o followers, dal primo all’ultimo, senza riserve nè eccezioni. Senza di voi, i miei articoli sarebbero rimasti parola di colui che grida nel deserto.

A tutti ancora grazie di cuore. Auf wiedersehen!

“Die Italienerin” strumento didattico. WOW.

Questa mattina, grazie al mio collega blogger Torquitax, ho scoperto di essere stata citata nel post di una blogger che vive a Friburgo. Quale onore! Nel post in questione la blogger dichiara che “Die Italienerin”, tra gli altri blog sulla Germania, le ha dato spu(n)ti di riflessione per creare un’unità didattica (lei insegna italiano ai tedeschi). Posso considerare questo un eccellente risultato e sono felice di “ribloggare” il post in questione. Buona lettura! Progetti didattici ma non natalizi (forse).

P.S. non per vantarmi eh (no, no) ma questo episodio, mi ha fatto venire in mente il libretto “How to Be an Alien” di George Mikes. Nello scritto – del 1946 – l’autore, un immigrato ungherese in Gran Bretagna, scrive dei tipici usi, costumi e abitudini inglesi con ironia e leggerezza. Beh ancora oggi il libretto (che fa morir dal ridere e ve lo consiglio!) è usato appunto come strumento didattico per l’insegnamento dell’inglese. Sarà lo stesso per “Die Italienerin”? Ai posteri l’ardua sentenza, come diceva quello.

 

Di come si cerca casa a Monaco – parte IV

“Tu sei buono e ti tirano le pietre.
Sei cattivo e ti tirano le pietre.
Qualunque cosa fai, dovunque te ne vai,
sempre pietre in faccia prenderai.
Tu sei ricco e ti tirano le pietre
Non sei ricco e ti tirano le pietre
Al mondo non c’è mai qualcosa che gli va
e pietre prenderai senza pietà!
Se lavori, ti tirano le pietre.
Non fai niente e ti tirano le pietre.
Qualunque cosa fai, capire tu non puoi
se è bene o male quello che tu fai.
Tu sei bello e ti tirano le pietre.
Tu sei brutto e ti tirano le pietre.
E il giorno che vorrai difenderti vedrai
che tante pietre in faccia prenderai!”

Tu sei straniero e non ti dan la casa. Tua moglie lavora e tu no e non ti dan la casa. Tu non hai figli e non ti dan la casa. Tu hai  tanti figli e non ti dan la casa.  Tuo figlio non è abbastanza biondo e non ti dan la casa. Qualunque cosa fai, dovunque te ne vai, mai la casa prenderai. A Monaco non c’è mai qualcosa che gli va  e casa non avrai, senza pietà!

Tu hai un cane e non ti dan la casa. Tu non hai animali e non ti dan la casa. Tu sei donna di 50 anni single e non ti dan la casa. Tu sei in periodo di prova e non ti dan la casa. Tu sei libero professionista e non ti dan la casa. Tu sei studente e non ti dan la casa. Qualunque cosa fai, capire tu non puoi  se è bene o male quello che tu fai. Qualunque cosa fai, dovunque te ne vai,  mai la casa  prenderai. E il giorno che vorrai difenderti vedrai  quante pizze in faccia prenderai!

Brrr

Confesso: sono freddolosa. Se esistesse una classifica delle persone più freddolose del pianeta, sarei tra le prime venti. Venti su sette miliardi: non è male. Questo significa che sono capace di lamentarmi del freddo persino in afose notti d’agosto nella più afosa fra le città dell’afosissima pianura padana. Beh d’altronde di notte, lo ammetterete, fa sempre un poco più freschino che di giorno.

In ogni caso, considerato quanto appena detto, questa era il quadro di me stessa, appena arrivata in Germania nel 2010:

Agosto  – ammazza che estate fredda qua! E adesso dove le metto tutte le canottierine, i vestitini, le gonnelline…? Ma come faranno i tedeschi con così poco sole a sopravvivere?

Settembre – Già l’autunno? Ma che freddo, e io che speravo di utilizzare il trenchino leggero. Altro che trenchino, qua ci vuole di corsa un piumone imbottito nuovo di zecca. E speriamo che basti.

Ottobre – Mi domando se arriverò viva alla primavera. Forse è il caso di acquistare in fretta qualche canottiera di lana da usare come base ogni mattina per un abbigliamento anti-gelo di sicuro successo.

Novembre – Credo sia opportuno iscrivere la Germania al concorso “La nazione più fredda del pianeta” di Helskinki 2011. Non sento più le dita dei piedi. Mai. E per la notte meglio provvedersi di uno scaldotto elettrico di quelli a lunga durata da mettere sotto al doppio piumone d’oca e alla copertona di flanella.

Dicembre – Oddio come posso ora affrontare il percorso macchina-ingresso del mio luogo di lavoro, che ammonta a ben sette metri all’aria aperta? Farei meglio a chiedere il permesso per lavorare direttamente dal parcheggio, così evito di dover scendere dalla macchina.

Gennaio – Ora con canottiera di lana a maniche lunghe, maglia pesante, maglione, pantaloni imbottiti, due paia di calze, giacca a vento per scalare le vette tibetane, cappello di lana, sciarpone di Fantozzi,guanti antigelo, scarpe impermeabili foderate di pelo, va un pochettino meglio.

Febbraio – però quando tira il vento, forse non basta…

Marzo – vedo la morte in faccia

Aprile – forse ricomincio vagamente a sbrinarmi.

Oggi, due anni dopo, una mattina autunnale qualunque:

–       Uh stamattina ci sono 4 gradi, che bel teporino. Eh siamo proprio fortunati che il gran freddo non è ancora arrivato. Certo con sto maglione rischio di crepare di caldo, magari mi cambio e mi metto una camicia a maniche corte o il vestitino estivo con un cardiganino di cotone sopra. Anche il giubbotto lo lascio aperto o schiatto. Guanti? Ma facciamo senza, che tanto… Il cappello mi fa la cappa di calore in testa, lo lascio a casa, che seno mi viene da grattarmi lo scalpo. Ah che meraviglia, che calduccio, ma come fanno a dire che la Germania è un paese freddo poi? Sono quei misteri che rimarranno irrisolti per tutta l’eternità.

Conclusione: ci si abitua a tutto.

Metti una sera a cena

Interno sera. Casa di Eireen e Marito Supersonico. In cucina spicca una tavola apparecchiata a dovere per cinque e sui fornelli troneggiano pentole che bollono. L’atmosfera è di attesa e un po’ di tensione. Ore 19:00 suona il campanello: i vicini di casa, Moglie Tedesca e Marito Tedesco, sono arrivati. Dopo i convenevoli e qualche imbarazzo iniziale, la conversazione si avvia, l’atmosfera si scalda e la serata si svolge allegramente.

MS – certo la lingua tedesca è difficile eh. La struttura della frase è rigida, non si possono scambiare le parole all’interno di una frase, non c’è libertà, non c’è flessibilità, non c’è convenienza, non c’è il 2×3, non c’è l’ampio parcheggio all’ingresso!

MoT – Sì, certo è così, abbiamo una lingua molto strutturata, organizzata, disciplinata. Come tutte le cose in Germania!

MaT  – È verissimo! Qua ogni più piccola cosa è rigidamente controllata, regolamentata.

E – Sì, ho notato anche io che ci sono regole per qualunque circostanza; persino su come si parcheggia l’auto in strada, che si può collocare solo nella direzione del traffico, ad esempio, per evitare di dover fare manovre pericolose quando la si vuole spostare

MaT – (con aria critica) Assolutamente. Tutto è previsto, tutto è inquadrato in qualche legge, in qualche paragrafo o sottoparagrafo che ti dice come bisogna fare dalla A alla Z, senza eccezioni.

MoT – E c’è solo un modo di fare ciascuna cosa. Uno. Punto. Si fa così, non ci sono discussioni. Eccezioni? Poche e sparute.

E – (tra sé e sé) Ma guarda, credevo che i tedeschi manco si rendessero conto di quanto sono strutturati e organizzati in tutti gli aspetti della loro vita, fino a regolamentare come si va al cesso; pensavo che ci fossero talmente dentro, da non farci neanche caso. E invece guarda un po’, criticano questo loro stesso modo di vivere.

MaT – Per esempio, a me piace pescare. E sapete che cosa devo fare per poter pescare qua in Germania? Oltre a pagare un sacco di soldi, devo fare un esame. Un esame dove dimostro che so pescare, ammazzare il pesce, trattarlo.

E – (ironica) Addirittura? E quindi immagino tu debba fare un corso, altrimenti come fai a sostenere l’esame? L’arte dello scuoiare il pesce o una roba simile.

MoT – Ovvio, c’è il corso, dove impari a pescare proprio come descritto dalla legge 132 paragrafo 76, sottoparagrafo A, righe 5-23; poi c’è l’esame, poi ottenuto il mio patentino bello bello, posso finalmente pescare. Ma non dove dico io eh. Ah no. Dove dicono loro: a te pescatore nr. 34B toccano i laghi D, F, Z del circondariato lacustre nr. 18.

E – Guarda che cosa tocca fare per due trote!

MoT- Ecco, appunto. Pensare che di recente sono andato in Norvegia, ho detto che volevo pescare, ho pagato 5 euro e ho potuto pescare per una settimana liberamente e dove volevo. I norvegesi, quelli sì che sanno vivere!

E (riflette) E io che credevo che solo noi italiani fossimo usi a criticarci e pensare sempre che più a nord hanno capito tutto meglio di noi.

La cena continua, viene servito il pesce, il vino scorre, le chiacchiere proseguono.

E – Allora, Moglie Tedesca, come prosegue la gravidanza? Quando arriva il bimbo? Racconta.

MoT – Ah tutto bene, una meraviglia. Sono proprio contenta; peccato che avere una figlio qua a Monaco, o più in generale in Germania, sia diventato così difficile, un percorso ad ostacoli.

E- (soffocata dalla stupore) ma non è da noi in Italia che è impossibile fare figli, che non ci sono politiche di sostegno alla famiglia, che non ci si può permettere il lusso di diventare genitori e bla bla bla?

MS – (con aria curiosa e interessata) Non capisco, che cosa intendi? Non è forse la Germania il paradiso delle famiglie, con facilitazioni, sgravi fiscali, maternità lunghissime, gente felice che fa figli a gogò e li porta al parco serena, uno nella fascia portabebè, uno nella carrozzina, uno per mano?

MoT – Mica tanto. Facci caso: qua nessuna coppia si azzarda ad avere figli prima di compiere 35-40 anni. Io, che ho 26 anni, sono un’eccezione. Al corso pre-parto ero la più giovane e mi guardavano con curiosità; c’era una di 41 anni al suo primo figlio! Poi soprattutto qui a Monaco è un delirio, col costo della vita, gli affitti, pochi asili a disposizione.

MaT – prendiamo il caso, che ne so, di una madre single che fa la parrucchiera. Che cosa guadagnerà? 2000 euro al mese lordi. 1300 circa netti. Credete che riesca a mantenere se stessa e il bimbo con quella cifra a Monaco? Ahahahaha. Tra appartamento, asilo per il pupo, spesa, bollette… Fa prima a emigrare altrove.

E – Già, in effetti. Difatti ho sentito dire che Monaco è la città dei single. Per forza: se hai famiglia qua, non ce la fai a tirare avanti, salvo che tu non abbia un mega-stipendio.

MS – A proposito, in media che cosa guadagna al mese un impiegato a Monaco, tanto per cercare di capire?

MaT – Impossibile dirlo. Ci sono troppe varianti in gioco: dipende moltissimo dal tipo di lavoro. Però vi posso dire una cosa: quello che guadagnavo a Dresda come ingegnere, qui a Monaco lo guadagna il meccanico di un’autofficina.

MoT – Perché siamo a Monaco. E la vita costa.

MS – Allora conviene andare ad abitare il più fuori possibile!

MaT- certo fuori, ma attenzione a non andare troppo fuori. Monaco è una città internazionale, aperta, tollerante. Ma provate a spostarvi in città più piccole in Baviera e vedrete come cambia la musica. O andate in certi piccoli villaggi bavaresi, provate ad integrarvi e poi ne parliamo.

E- Cioè? Del tipo che se sei un uomo e non giri coi Lederhosen e i baffoni non ti considerano?

MoT – Beh non proprio, ma quasi. Per esempio, se non sei cattolico, non vai a messa tutte le domeniche, non fai il volontario nei Vigili del Fuoco locali, beh, non aspettarti troppa accoglienza. Alcuni sono capaci, se non sei come loro e ti siedi allo stesso tavolo, di alzarsi ed andarsene. Letteralmente. Ti escludono, ti emarginano, ti ritrovi isolato. E dopo un po’ sei tu che te ne vai; volontariamente. Per così dire.

E – Ammazza, sono tosti ‘sti bavaresi. Fiuuuuu, allora per fortuna che siamo atterrati a Monaco, dove il 60% dei bambini ha almeno un genitore che non è tedesco!

MoT – Certo, qua si vive bene, la città offre decine di occasioni di lavoro, soprattutto per ingegneri o tecnici. Vuoi un lavoro?  A Monaco lo trovi! In fretta e bene. Io, per esempio, lavoro in un ufficio dove offro servizi alle persone che lavorano negli uffici del palazzo dove mi trovo. È interessante, unico problema è che ogni tanto mi annoio. Abbiamo pochi clienti, anche se sono tutti soddisfatti.

MaT – Ecco, questo è un altro tipico problema tedesco. Il problema del marketing. Il tedesco medio chiede un servizio, il servizio funziona, lui è contento, se ne va. Fine della storia. Difficilmente andrà in giro a dire: “Uh ho usufruito di questo servizio, è eccellente, è una figata, andate tutti lá!”. No, lui darà per scontato che doveva funzionare bene, ha funzionato, quindi tutto nella norma.

MoT – Qui in Germania funziona tutto, quindi perché fare pubblicità a un posto in cui funziona tutto? È solo ovvio.

MaT – I tedeschi si svegliano solo quando c’è da lamentarsi. Allora lì sì che aprono la bocca e parlano. Eccome se parlano: si lagnano, criticano, si fanno sentire. Ma se tutto è ok, allora zitti, bocca cucita e non dicono beo neanche se li prendi a selciate.

MS – In questo modo però un buon servizio non può diffondersi: nessuno ne parla e quindi la clientela non aumenta.

MoT- Difatti qui in Germania da quel punto di vista è dura, bisogna lavorare sodo. Non puoi sperare che la voce si diffonda da sola e che la clientela aumenti di conseguenza.

E – Beh in Italia è il contrario: poiché niente funziona, se qualcosa va bene, allora partono le lodi sperticate, i commenti positivi con gli amici, il passaparola… Un altro mondo.

La serata continua ancora, il confronto culturale anche e alla fine si scopre quanto si possa imparare su un paese da una semplice cena tra amici: quasi più che in anni e anni di corsi di cultura all’università…

Letterinen a Babben Natalen

Letterina per Santa Klaus, scritta dal bambino bionico tutto da solo:

LIBA NICOLAOS IC WÖNSCHE MIA (A)INËNN ZUC OE MIT FËANBEDINOG DAS NISC (C)ONPLICIËT EST ZCUM BAUN =

Lieber Nikolaus, ich wünsche mir einen Zug mit Fernbedinung, das nicht kompliziert ist zum Bauen =

Caro S. Nicola, vorrei un treno telecomandato che non sia difficile da costruire.

Io dico che ha la stoffa del genio! 🙂

De-icing methodology

In Germania verso settembre-ottobre inizia la stagione de “Lo strato di ghiaccio che ricopre la macchina al mattino, se questa nottetempo non è stata riposta accuratamente in garage”. Se poi, come me, non avete il garage, allora siete fritti. Preparatevi a mesi e mesi di raschiamento della macchina nel piacevole frescolino post-alba delle lande teutoniche.

Vi sono due diversi metodi per liberare la macchina dallo strato di ghiaccio che s’impossessa di lei durante le ore notturne. L’operazione è obbligatoria, sia perché se non grattate via il ghiaccio obiettivamente non vedete una cippa e sia perchè in ogni caso se vi becca la pula, vi fa il culo. Dunque, dicevo, esistono due modi distinti di compiere l’operazione di de-icing del vostro veicolo.

Metodo nr. 1 – all’italiana.

–       Essendo usi ad alzarvi alla mattina verso le 07:00 nella stagione calda, cioè quando l’auto non ghiaccia, continuate tranquillamente nello stesso modo nella stagione fredda. Oppure mettete la sveglia dieci minuti prima (=il tempo necessario allo sbrinamento del veicolo) e poi però lasciatela suonare lo stesso fino alle 07:00.

–       Fate colazione, vestitevi e truccatevi con la massima tranquillità.

–       Uscite di casa dieci minuti prima dell’orario in cui dovreste essere in ufficio, sapendo che di minuti per arrivare in ufficio ne servono quindici.

–       Realizzate con orrore che la notte la temperatura è scesa parecchio e di conseguenza la vostra auto è ora ricoperta di ghiaccio.

–       Nel panico, correte in ripostiglio o in cantina o nel cassetto degli attrezzi  per vedere se riuscite a recuperare da qualche parte il guanto imbottito dotato di uncino levaghiaccio, senza il quale rischiate l’immediato congelamento dell’arto mentre tentate di ripulire i vetri dell’auto.

–       Guardate ora nel vano bagagli dell’auto per cercare quantomeno una sorta di disco grattaghiaccio che, vi pare, avevate comprato al supermercato l’inverno scorso. Se non l’avete dato al bimbo o al gatto per giocarci.

–       Guardate sotto ai sedili.

–       Disperati, usate, al fine di pulire l’auto, il disco orario in plastica che tenete nel cruscotto, se lo trovate.

–      Falliti tutti i tentativi di cui sopra, grattate come pazzi con qualunque oggetto, comprese le vostre unghie, i vetri dell’auto, mentre il tempo scorre e voi dovreste già essere da diversi minuti alla vostra scrivania.

–       Partite avendo tolto il ghiaccio solo parzialmente, perché ormai è tardissimo, rischiando così multe ed incidenti.

–       Mettete il riscaldamento in auto a palla, sperando che sbrini il ghiaccio rimasto mentre sfrecciate in ufficio.

–       Arrivate in ufficio in ritardo e col fiatone annunciate: “Mamma mia, ma quanto traffico c’era stamattina per strada! Robe da matti! Mai visto code così in vita mia!”.

Metodo nr. 2 – alla tedesca

–       Verso luglio acquistate al supermercato il kit del perfetto sbrinatore di auto: guanto imbottito con uncino levaghiaccio, quadrato in plastica con bordi zigrinati anch’esso levaghiaccio, spray scongelante per vetri dell’auto et similia.

–       Riponete tutto dentro ad un apposito contenitore e riponete l’apposito contenitore nel vano bagagli della vostra auto, in posizione comoda, raggiungibile e facile da ricordare. Possibilmente, etichettatelo.

–       A partire da settembre, ogni sera seguite con attenzione le previsioni del tempo, in modo da capire se la notte l’auto ghiaccerà.

–       Nel caso, impostate la sveglia un quarto d’ora prima del solito.

–       Alzatevi non appena la sveglia suona.

–       Preparatevi per uscire, circa mezz’ora prima di essere in ufficio, quando l’ufficio è a cinque km da casa vostra.

–       Grattate via con calma tutto il ghiaccio dall’auto usando tutti gli strumenti acquistati in precedenza.

–       Partire sereni per l’ufficio e arrivateci in anticipo.

Consiglio finale: compratevi un garage.

Con la dolcezza, si ottiene tutto!

Vi state per trasferire in Germania o siete appena arrivati? Sognate in un futuro di farlo? Bene, scommetto allora che vi state preparando o lo avete fatto anche dal punto di vista culturale, oltre che pratico e logistico. Infatti, pur essendo fondamentale essere organizzati per quanto riguarda la ricerca di casa e lavoro, non bisogna trascurare l’aspetto più psicologico di un espatrio. Che cosa intendo? Intendo che, come ho già avuto modo di scrivere, state per andare ad abitare o siete appena andati in un paese che non è il vostro e quindi, necessariamente, dovete abituarvi ad una serie di abitudini, usi e costumi lontani dai vostri. E non crediate che, solo perché la Germania è dietro l’angolo, non vi siano da fare grandi sforzi d’integrazione. Per esempio, una delle cose fondamentali se volete ingraziarvi i locali e ottenere più in fretta ciò che desiderate è essere sempre gentili. “Ohibò, Eireen, che cosa ci stai raccontando? Non è forse questa una regola universale, valida ovunque, sempre e comunque?”, mormora il lettore, mentre legge queste righe. Sì, certo, ma vi posso assicurare che qui in Germania la gentilezza è ancora più importante, più diffusa, più richiesta di quanto non lo sia in Italia. E per evitare di farvi classificare istantaneamente come degli stranieri maleducati e cafoni, ecco alcune regole di base, che vi consiglio caldamente di mandare a memoria e di utilizzare quanto più possibile.

1 – Quando telefonate a qualcuno, noterete che l’interlocutore risponde pronunciando subito il proprio nome, o meglio, il cognome.  Ciò serve a loro a identificarsi, ovviamente, e a dare a voi modo di capire se avete composto il numero telefonico giusto. Quando poi voi, a vostra volta, gli avete detto il vostro nome –  “Salve, qui parla Rossi.” – , aspettatevi che l’altro lo ripeta continuamente. “Hallo Herr Rossi. Ja, Herr Rossi. Also wir sehen uns morgen Herr Rossi. Bis bald Herr Rossi.“ All’inizio a me sembravano tutti un po‘ esagerati, eccessivi. Invece qua è visto come un segno di rispetto e un modo per stabilire un contatto con l’altra persona. E non succede affatto solo al telefono, ma in qualsiasi tipo di normale conversazione; escluse quelle tra amici o colleghi, ovvio. Il bello è che in teoria, voi dovreste fare lo stesso, ossia chiamare continuamente il vostro interlocutore per cognome. Io non lo faccio mai e sospetto di risultare abbastanza cafona. I problemi sono due: primo, non essendo abituata a tanti ghirigori, non mi viene affatto spontaneo e mi sentirei ridicola a farlo. Secondo, il più delle volte non capisco affatto il cognome della persona con cui sto parlando e allora, per evitare figuracce…

2 – Quando chiedete qualcosa a qualcuno, usate sempre, rigorosamente il condizionale. Sempre. Cercare di evitare come la peste di essere diretti. Avete bisogno di un appuntamento in banca, dal medico, per visitare una casa? Dite: “Per me POTREBBE ANDARE venerdì dalle 15.00 in poi. Per lei ANDREBBE?”.  Mai dire robe come: “Io posso domenica.”. Troppo diretto, troppo brutale. Più condizionali ci sono nella frase, più farete buona impressione sull’altro e più alzerete le chances di ottenere il vostro obiettivo. “Gradirei sapere” o “Sarebbe gentile se lei potesse” sono formule vincenti. Anche nello scritto. Sempre partire dal punto di vista che state chiedendo un favore all’altro e state cercando un compromesso che vada bene ad entrambi, che ciò sia vero o no. Poi parlate di conseguenza.

3- Salutate, salutate, salutate. Dite “Hallo” al passante sconosciuto e che mai più rivedrete. Dite “Guten Morgen” alla vicina di casa che incrociate al mattino uscendo per andare al lavoro, anche se i vostri rapporti sono inesistenti e, a parte quel Buongiorno, non vi dite mai null’altro e, in generale, vi ignorate felicemente a vicenda. Salutate rigorosamente quando volete un’informazione da qualcuno per strada o in un negozio. Mai approcciare qualcuno di colpo con un: “Ma il negozio a che ora apre?”. Non siate violenti e rozzi. Piuttosto dite, sorridendo se possibile: “Buongiorno, mi scusi, salve. Non è che per caso saprebbe a che ora riapre questo negozio? (…) Ah bene. Gentilissimo, grazie. Arrivederci.” Più salamelecchi fate, meglio sarà.

4 – Avrete già capito, arrivati a questo punto, che è indispensabile pronunciare di continuo le paroline magiche “Bitte” e “Danke” (“per favore”/“prego” e ”grazie”). Mi raccomando di non sentirvi timidi. Usatele, usatele, usatele. Tranne gli eccessi (tipo un “grazie” ogni 3 parole, che diventa ridicolo), con Bitte e Danke non risulterete mai fuori posto. Mi raccomando però: ricordate che in tedesco si dice “Nein, danke” per rifiutare qualcosa e “Ja, bitte” per accettare. Se dite “Ja, danke” confonderete l’altro, che non capirà se vorrete o no la tal cosa. A me è capitato più volte. Altra parolina consigliabilissima è “Entschuldigung”, ossia “Scusi”, per introdurre una richiesta da parte vostra, tipo: “Entschuldigung, wissen Sie zufällig viewiel Uhr es ist?” (Scusi, non è che per caso sa che ore sono?).

5 – Non crediate che in Germania sia semplice entrare in confidenza; ma forse ve lo immaginavate già! L’ho scritto altrove, ma lo ribadisco. In Germania dare del lei agli altri è super-stra-importantissimo. Ad esempio, mai la commessa in un negozio vi darà del tu, come succede spesso in Italia; vi darà del lei per tutto il tempo dell’acquisto, anche se entrate da anni in quel negozio. Sono esclusi negozi molto alternativi di abbigliamento giovane o DVD, per esempio. Ma sono casi rari. Idem con patate per chiunque non conosciate, anche se ha la vostra età o è più giovane, a meno che non si tratti di un bambino o un adolescente. Per esempio è obbligo assoluto dare del lei alle tate dell’asilo e alle insegnanti dei vostri figli.  Non crediate che solo perché la tata del nido ha 23 anni e voi 40, possiate dirle “Hallo Britta!”. Non fatelo neppure per scherzo. Sempre: “Guten Morgen Frau Schulze!”. Uguale per, che ne so, il medico, i parrucchieri, i terapeuti, l’agente immobiliare, il commesso della banca etc…etc… Soltanto se e quando la relazione diventerà più confidenziale e rilassata, potrete passare al tu. Ma solo dopo averne discusso con l’altro ed esservi accertati che ciò vada bene a entrambi.

Quelle che ho menzionato sono le regole di base per come muoversì in società, come risultare integrati e centrare l’obiettivo prefissato. Se c’è qualcuno all’ascolto che abita o ha abitato in Germania, potrà magari aggiungerne altre, che mi sono sfuggite. Attendo i vostri commenti con trepidazione!

Di come si cerca casa a Monaco – parte III

Stai diventando sempre più scaltro ed esperto. Ormai riconosci gli annunci immobiliari gonfiati e fatti apposta per attirare l’occhio e il cuore del possibile futuro inquilino. Ad esempio diffidi della parola “traumhaft” (=da sogno) che a volte viene appioppata agli appartamenti mediocri dalle agenzie, solo per farli sembrare castelli. O guardi con maggiore attenzione le immagini pubblicate sui siti immobiliari, perché hai già preso un paio di fregature. Stanze grandi come scatole di fiammiferi fotografate col grandangolo, in modo da farle apparire come sale da ricevimento di sfarzosi palazzi barocchi; saune spacciate per appartenenti all’alloggio, ma in realtà già vendute e quindi niente affatto presenti; cucine descritte come EBK (=Einbauküche, ossia cucina intarsiata nella stanza; in pratica già inclusa), ma poi quando vai a visitare “das Objekt” (l’oggetto, ossia l’immobile), scopri che, per averle, devi mollare dai due ai tremila euro all’inquilino precedente. Ti capitano inoltre simpatici e divertenti episodi. Ad esempio, ti succede di incontrare, in visite di case diverse, gli stessi “Interessenten”, anche loro con le occhiaie e i capelli dritti per lo stress. Capita allora che vi guardiate: prima vi studiate a vicenda con lentezza, per capire se davvero vi siete giá visti da qualche parte; poi capite che vi siete incrociati di recente in un altro appartamento e allora iniziate a osservarvi in cagnesco, quasi con ferocia. Altre volte sono successi imprevisti sulla via della visita, come quella volta che, arrivato davanti alla casetta di zucchero che avevi adocchiato su Internet, non vedesti comparire l’agente immobiliare e iniziasti a preoccuparti. Cercando di contattarlo, trovasti il cellulare spento. Dopo alcuni altri tentativi, finalmento riuscisti a parlarci e dopo alcuni “Ma dov’è che la sto aspettando?”, “Ma sono qui!”, “Ma sono qui anche io e non la vedo!”, “Ma qui dove, scusi?”, capisti che il navigatore ti aveva portato all’indirizzo sbagliato e che ormai non vi era più speranza: quell’errore ti era stato fatale e avresti dovuto rinunciare per sempre alla casetta da sogno visitata in fretta e furia dopo avere raggiunto di corsa l’indirizzo corretto, mentre l’agente immobiliare ti attendeva, odiandoti già.

In ogni caso, non ti scoraggi. Sai che tutti i problemi sono in realtà un aiuto: gli ostacoli e le fregature ti hanno reso furbo e regalato esperienza. Per esempio, non ti presenti più a nessun colloquio senza avere già pronta almeno una copia dell’ultima busta paga, se non delle ultime due o tre. Se puoi, ti procuri le referenze dal tuo attuale padrone di casa e le metti subito in mano all’agente immobiliare appena arrivi. Se per qualsiasi motivo una delle persone che si trasferirebbero nella casa con te non lavora, ti affretti all’istante a dare una spiegazione che abbia la massima plausibilità, tipo: “Sta cercando sa? Ha già fatto tre colloqui! Nel frattempo frequenta un corso di tedesco tramite l’Agenzia del Lavoro. Sa, ci tiene parecchio ad integrarsi al massimo!”. Te la sei ovviamente preparata fin da casa, controllando i vocaboli sul dizionario ed ti sei esercitato davanti allo specchio in precedenza, per risultare gradevole e simpatico. Quando mandi un’e-mail al proprietario o agente immobiliare, non usi semplicemente lo standard preimpostato dal sito, che dice, seccamente: “Desidero un appuntamento per visitare l’immobile”. Cerchi invece di infiorettare l’e-mail, di dare una concisa, ma simpatica e accattivante descrizione di te stesso e, nel caso, della tua famiglia, così far emergere la tua richesta, che altrimenti si perderebbe in un mare magnum di altri messaggi simili. Insomma, stai affinando la tecnica, diventi sempre più bravo, più brillante, più sicuro di te stesso e di volta in volta aumenti le tue possibilità di successo, che diventa sempre più una realtà possibile.

Anche per quanto riguarda le visite agli immobili, ti sei trasformato in una volpe, che fiuta all’istante quale oggetto faccia davvero per lei. All’inizio visitavi di tutto, convinto così di alzare le probabilità di vincere un alloggio. Ma col tempo capisci che questa tecnica ti fa in realtà perdere tempo. Se, per dire, sai già che per nessun motivo al mondo vuoi vivere dal primo piano in su, ma che invece sogni un piano terra con giardino, smetti di visitare le “Etagenwohnungen” (appartamenti al piano), che all’inizio guardavi pensando “Non si sa mai”. Tanto sai già che, fin dal primo passo nell’ingresso, il tuo cervello e il tuo cuore diranno “NO”! Ci tieni da morire a un pezzo di terra verde, per quanto minuscolo, davanti alla porta-finestra del salotto? Se su Internet vedi una reggia, ma senza giardino, la lasci perdere fin da subito. O due bagni o morte? Allora niente appartamenti o case con un solo bagno, salvo che non sia immenso, con due lavandini, una vasca e una doccia. Perché alla fine sai che accettare un compromesso con te stesso subito, pur di avere l’alloggio, ti porterà a un futuro disagio ed un pentimento a cui poi sarà difficile rimediare, se non a prezzo di un’altra caccia al tesoro e un altro atroce tour de force in giro per Monaco e dintorni, per non sai quante settimane o mesi.

Intanto continui a cercare e sperare….

Pian piano…il crollo dei miti..ad uno ad uno

E io che credevo che usare le donne in un certo modo per fare pubblicità fosse una prerogativa tutta italiana! E io che pensavo, venendo in Germania, di non vedere mai più tette e culi al vento  usati con disinvoltura per vendere prodotti o aumentare l’audience di una trasmissione. E io che ero convinta che in terra teutonica mai avrei visto il corpo femminile mercificato nel peggiore dei modi.

E invece….

(guardate e cliccate per ingrandire; si tratta dell’estratto del catalogo pubblicitario di una tipografia, ricevuto qualche giorno fa in ufficio)

Mi devo forse ricredere? Che ne pensate?