Non riesco a resistere. Proprio non posso aspettare. Ho pensato: “Questa la devo assolutamente e subitaneamente raccontare ai miei lettori. Roba fresca, roba buona.” Sono appena tornata dal seggio, dove ho votato per il referendum sulla terza pista dell’aeroporto di Monaco. No, giuro, un’esperienza pazzesca. Vi è mai capitato di votare in Italia? Immagino di sì. Bene, allora la scena che sto per descrivervi vi sarà familiare.
Il tipico elettore italiano si prepara per andare a votare con il certificato elettorale perenne che gli è stato comodamente recapitato a casa anni prima (perlomeno quello). Prepara anche il documento d’identità e si avvia verso il seggio assegnatogli. Arrivato, nota stuoli di poliziotti a guardia del fortino, che controllano che le operazioni elettorali si svolgano regolarmente. Poi inizia a cercare di districarsi tra il labirinto delle classi della scuola dove si svolge la votazione. Sezione B2, a sinistra, poi lungo il corridoio, poi salire le scale, girare a destra e infine terza porta dopo le toilettes. Fila. Non per il bagno, per il seggio. A meno che, ovviamente, non si sia scelto un orario strategico, tipo quello in cui c’è la finale del campionato. Poi l’elettore controlla se deve andare a consegnare il certificato elettorale a destra o a sinistra, a seconda se è maschio o femmina. Dopo che lo scrutatore ha controllato nell’elenco maschi o femmine che l’elettore sia iscritto davvero in quella sezione elettorale e mentre un altro scrutatore parallelamente ne controlla l’identità, viene consegnato all’elettore il seguente materiale:
- scheda elettorale adeguatamente timbrata la mattina precedente dai muli scrutatori, che le hanno stampigliate rigorosamente una ad una con un solo ed unico timbro, risalente più o meno all’epoca del duce. Ah … e mentre uno scrutatore timbrava, l’altro firmava le schede. Tempo totale dell’operazione: da 4-5 ore a molte di più se ciascun elettore deve votare per più di un “argomento”. E mi pare giusto; io ho sempre pensato di proporre che le schede fossero anche validate da un’impronta digitale, perché non si sa mai, di questi tempi, insomma cosa vuoi…
- matita con inciso sopra il numero della cabina elettorale, che l’elettore dovrà utilizzare per il voto e che va riconsegnata rigorosamente allo scrutatore. Guai ad infilarsi in una cabina elettorale che non corrisponde al numero sulla matita: si potrebbe capitare dentro ad una cabina in cui sia già presente un elettore votante.
L’elettore si reca dunque dentro una delle cabine chiuse ed ultra-protette a disposizione e compie in gran segreto il suo dovere (ossia infila una fetta di salame felino nella scheda). Compiuta l’operazione di voto, egli/ella fa scivolare la scheda nello scatolone per la raccolta o la consegna ad uno scrutatore che la infilerà personalmente nel box. A questa operazione devono assistere sia l’elettore che lo scrutatore con la massima serietà, per evitare imbrogli. Infine l’elettore si vede riconsegnate in pompa magna il suo documento d’identità e la sua tessera elettorale timbrata per evitare doppie votazioni e può così andarsene sotto allo sguardo vigile delle autorità di polizia. Il tutto avviene con tono solenne e barocco e una certa aria di formalità.
Insomma io, abituata da sempre così, mi aspettavo la stessa identica cosa qua in Germania ed ero tutta emozionata mentre mi avviavo a piedi per recarmi al seggio, nella scuola elementare di quartiere. Mi chiedevo: saprò districarmi tra i corridoi della scuola per trovare l’aula in cui devo votare? O mi perderò? E se mi ferma la polizia e mi chiede un documento e parla in bavarese e io non capisco? E se non distinguo in quale delle cabine mi devo infilare e sembro così una rimbambita? E se … e se… e se… In pratica ero parecchio in tensione. Arrivata davanti alla scuola, vedo che c’è nemmeno un poliziotto. Zero. Nisba. Null. Dico: avrò sbagliato scuola. No, no, era proprio quella giusta. Ci sarà, che ne so, un vigile almeno? No. Un sorvegliante, al limite anche un pensionato che controlla. No. No. No. Ingresso libero. Procedo disorientata da tanta informalità e comincio con l’occhio a cercare i cartelli che indichino la sezione/aula in cui devo votare. Nada. C’è solo una porta aperta con su scritto “Aula di votazione”. UNA. Entro, non c’è fila, ottimo. Tiro fuori dalla borsetta il mio certificato elettorale, una lettera in carta riciclata con i dettagli di dove, come, quando votare, che poi potrò buttare via. Mi preparo per mostrare il passaporto. Non mi guardano neanche in faccia: si fidano che io sia io e non mi controllano il documento. Un’occhiatina al certificato e al loro elenco di elettori, senza distinzione di maschi e femmine, e via. Mi mollano una scheda elettorale di carta riciclata, senza firme, timbri, bolli, nulla e una matita blu non numerata. Io mi siedo ad un banchetto scolastico semi-protetto da un sorta di barriera di legno, con altri elettori di fianco a me. Sudo, mentre cerco di leggere le tre (come tre? Ma perché tre?) pappardelle in tedesco burocratese sulla terza pista di decollo e sotto a ciascuna metto JA oppure NEIN (speriamo di avere capito bene, va là). Poi mi alzo, infilo la scheda ripiegata come pare a me nello scatolone magico e via che vado, trasecolata. Cioè, penso, e l’aria formalissima e la solennità della cosa? E lo spiegamento di autorità per impedire inganni, doppi voti e scherzi poco simpatici? E la cerimonia della riconsegna della scheda al presidente di sezione? E il controllo a raggi X del documento d’identità? Voglio dire, io potevo anche essere un’altra, che ne sanno loro. Ma qui, ormai l’ho capito, tutto si basa sulla fiducia, quindi loro partono dal presupposto che non vi siano trucchi né inganni. Sempre più incredula, copro il tragitto scuola-casa e sento nella mia testa risuonare frasi come: “Ma non ci posso credere. Dai, no. Una roba mai vista. Cioè, ma ti rendi conto? Insomma, boh. Secondo me era tutto finto, dai. Ora salta fuori il tipo della candid camera e mi chiede il consenso a trasmettere la mia immagine dopo lo scherzone.”. E non ho proprio resistito: l’ho voluto condividere in real time con voi. Che ne pensate?
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