L’invito è arrivato tramite una conoscente del marito supersonico, una vicina di casa con cui prende regolarmente il bus il mattino. L’evento si sarebbe svolto un sabato pomeriggio, nella via dietro casa nostra. Abbiamo deciso quindi di accettare. “Perché no?” ci siamo detti. E così il pomeriggio dell’appuntamento abbiamo atteso che la ragazza ci venisse a prelevare e siamo andati. Fatti pochi metri a piedi, girando l’angolo, abbiamo visto le panchine e i tavoli con le tovaglie bavaresi (ossia a quadretti bianchi e azzurri) allestiti sulla strada; poi abbiamo notato bevande di ogni genere, dal caffè all’acqua, all’Apfelschorle, all’immancabile birra, lì a disposizione di tutti. Torte e dolcetti di vario genere facevano bella mostra di sé su un tavolo, mentre i barbecue attendevano soltanto l’orario giusto per essere accesi. Da parte nostra abbiamo contribuito al magna-magna generale con una bella ciambella all’italiana, che abbiamo appoggiato sul tavolo, quindi tagliato e condiviso con i presenti. In pratica abbiamo partecipato alla nostra prima festa del vicinato alla tedesca. Come siamo arrivati, le persone sedute al nostro stesso tavolo, gentilissime, si sono presentate. “Hallo! Grüß Gott, ich bin der Werner! Ich wohne hier gegenüber in dem grünen Haus!” (Ciao, salve, sono Werner, abito qui di fronte nella casa verde!“). Ciascuno dava il nome e la posizione geografica, tanto per aiutare l’altro ad orientarsi. “Ti ho già visto, mi sembra, ma non ricordo dove” ha detto un signore dall’aria sorniona al marito supersonico. Poi di colpo è giunta l’illuminazione: “Aaaah sì, ho capito. Mi capita di passare spesso davanti a casa tua e attraverso le finestre, ti vedo cucinare!” Eh già è proprio lui. Intanto il bambino bionico, con fare circospetto, osservava i numerosi bambini del circondario anche loro intervenuti alla festa: ce n’era di tutte le età, dai 2 agli 11 anni. “Certo, è carina questa festa, è stata una bella idea organizzarla!” ha detto uno. “Eh sì, perché in questa zona siamo in tanti, ma praticamente non ci conosciamo.”, gli ha fatto eco un altro. “Ci si saluta, ci si sorride, ma poi finisce lì, non c’è un vero rapporto ed è un peccato!” ha aggiunto una signora lì a fianco. Ma allora è vero, mi sono detta io, è proprio come mi sembrava: questi tedeschi fanno più fatica di noi a fare amicizia tra di loro. Non sono solo io che, a causa della mia leggendaria timidezza, ci metto anni per lasciarmi andare oltre a un “Ciao” con chi non conosco. Qua sono tutti come me! Ciò da una parte conferma il mito dei tedeschi riservati, chiusi, distanti. D’altra parte però, guardando la scena in cui eravamo immersi, facevo fatica a pensare a gente fredda e poco sociale. Vedevo sorrisi a bizzeffe, mani e sguardi che s’incontravano, birre bevute assieme, sentivo risate comunitarie, udivo persone che non si erano mai viste prima tra loro, parlare come se si conoscessero da anni. Tedeschi asociali e gelidi? A quanto sembra stasera, direi di no, dicevo tra me e me. Addirittura in più di una occasione sono stata avvicinata spontaneamente da persone gentilissime, che mi hanno fatto ogni sorta di domanda su di me, con curiosità e vero interesse. Non c’era niente di formale o vuoto nel loro approccio, ma solo desiderio di conoscermi meglio. “Da quanto vivete qui? E dove lavori tu? E il bimbo dove va all’asilo? Ah sei italiana? Ah io sono stata in vacanza in Italia quest’estate. Roma, Genova, che meraviglia! È quello sul monopattino il tuo bimbo, vero? Che carino!”. Io trasecolavo, impressionata da tanta cordialità (fino a questo punto si spingevano i miei pregiudizi sui tedeschi: fino a rimanere stupita dalla loro simpatia!). All’inizio della festa, lo ammetto, mi sentivo come il solito baccalà decorativo. Nelle situazioni sociali nuove, come ormai avrete capito, mi sento solitamente poco sciolta e tendenzialmente non vedo l’ora di andare via. Eppure dopo qualche ora, durante questa festa, ho iniziato a rilassarmi. Ho cominciato, udite udite, a sentirmi a mio agio. Robe da matti. Verso sera, mentre le chiacchiere andavano avanti e nuove persone arrivavano a getto continuo, qualcuno ha portato la legna e un contenitore di metallo ed ha acceso il fuoco. Poi fuori i bastoni, fuori i marshmellows e via coi bimbi intorno alle fiamme a cuocerli! Il buio scendeva, il freddo aumentava, ma l’allegria intorno a noi, oltre al fuoco, ci hanno scaldati parecchio. Abbiamo scoperto di vivere in una zona piuttosto internazionale del quartiere: oltre ai tedeschi provenienti da ogni parte della Germania, abbiamo incontrato greci, ungheresi e non ricordo più bene quale altra nazionalità. La festa, col passare delle ore, si animava sempre di più, il via vai di gente è stato continuo e ad un certo punto c’è stato anche chi ha iniziato a cantare.
Verso le dieci di sera, “stanchi, ma felici”, ci siamo decisi a tornare a casa. Abbiamo salutato tutti con un sorriso e ricevuto indietro altrettanti sorrisi. “Tschüüüß! Gute Nacht! Bis bald! Danke für die Einladung! Wiedersehen” (Ciao, buonanotte, grazie dell’invito, arrivederci). E forse da questa esperienza, ci siamo portati dietro la fine di una leggenda e il crollo di un mito inossidabile: quello dei teutonici gelidi e inavvicinabili!
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